Condividiamo con voi questo confronto con il sig. Fronte (che ha visto nascere Arinord ed ha saputo consigliare il figlio Andrea alla guida dell’azienda) in cui discutiamo circa ruolo che l’innovazione tecnologica ha avuto nel settore dell’aria compressa e di come questa abbia influenzato la Vision di Arinord.
Signor Fronte, quando parliamo di risparmio energetico nel mondo all’aria compressa, cosa le viene in mente?
Credo sia opportuno partire dall’inizio, ovvero dal 1972.
In quell’anno è iniziata la mia collaborazione con Hiross. A quei tempi, l’azienda produceva apparecchiatura a ciclo frigorifero per l’essicamento dell’aria compressa. La strumentazione a disposizione era molto diversa da oggi e i compressori erano raffreddati esclusivamente ad acqua. Il principio di funzionamento era molto semplice: l’acqua entrava ad una certa temperatura ed usciva più calda, perché assorbiva il calore prodotto dal compressore. Seppure funzionale, questo meccanismo comportava un elevato spreco di acqua, ma anche del calore “tolto” al compressore. Stiamo parlando di un’altra “epoca”, quando ancora le tematiche ambientali o di risparmio energetico non erano argomento di discussione. Eppure, Hiross aveva elaborato un sistema per recuperare l’energia dissipata durante il raffreddamento, come le Batterie ECOS: il calore recuperato veniva infatti utilizzato per riscaldare l’ambiente di lavoro e per diminuire i consumi di acqua. Basti pensare che, per esempio, un compressore con potenza resa motore da 73.5 kW consentiva di recuperare circa 53475 calorie. Fu un grande successo che ruotava attorno ad un concetto subito chiaro a tutti: “ogni lira risparmiata è una lira di profitto”.
L’evoluzione fisiologica di questo sistema furono gli Energy Partner, che anziché utilizzare l’acqua per il raffreddamento, impiegavano l’olio. Il calore dell’olio del compressore era infatti raffreddato con l’acqua, successivamente immessa nei circuiti di riscaldamento degli edifici per avere “acqua calda a costo zero”.
Possiamo certamente dire che questi siano stati i “primi passi” dello sviluppo tecnologico legato a tematiche energetiche nel mondo dell’aria compressa e sono convinto che abbiano giocato un ruolo fondamentale nell’evoluzione dei successivi decenni. Non mi riferisco unicamente all’aspetto del risparmio energetico, ma anche ai sistemi di filtrazione. Ne sono un esempio le cartucce filtranti in ceramica, fino ad arrivare al “setaccio molecolare” per le applicazioni in ambito alimentare, chimico e farmaceutico, che consentono di avere un’aria compressa batteriologicamente pura.
Possiamo quindi dire che ha visto compiere i primi passi alla tecnologia applicata al mondo dell’aria compressa. Come è stato questo percorso durante gli ultimi decenni?
Ricordo ancora la prima macchina che ho venduto con Hiross, in quella che possiamo territorialmente definire “la zona Arinord”. Il macchinario era destinato ad un’azienda per la produzione di alluminio nel Bresciano. Era appunto il 1972, ma per vedere la vera “esplosione del mercato” dovetti attendere il 1975. La crescente richiesta di apparecchiature per l’aria compressa ci accompagnò rapidamente negli anni ’80, quando la necessità primaria risiedeva nel soddisfare il fabbisogno della produzione, senza considerare l’aspetto economico né tantomeno quello ecologico. Quest’obiettivo era talmente preponderante che persino l’essicamento, utile al miglioramento della qualità dell’aria, non era percepito come una necessità, sebbene avessimo già a disposizione dei macchinari di qualità e fossimo tra i primi a trattare l’argomento.
L’esigenza della qualità dell’aria è infatti caratteristica degli anni 2000, in cui anche gli impianti e i macchinari utilizzati nelle applicazioni avevano bisogno di queste caratteristiche, proprio mentre si iniziava a strizzare l’occhio in direzione del risparmio energetico e della sostenibilità ecologica. È curioso, a distanza di anni, osservare quanto tempo sia necessario affinché determinate tematiche diventino un “argomento comune” di discussione: già dai primi anni ’90 eravamo pronti a produrre acqua refrigerata risparmiando fino all’80% di energia elettrica grazie ai Superchiller Hiross; mentre gli scaricatori di condensa elettronici erano già disponibili per evitare sprechi di aria compressa ed i separatori Olio/Acqua evitavano di inquinare l’acqua di scarico.
Arriviamo così alla metà degli anni duemila, quando Hiross entra a far parte del gruppo Parker, e prosegue il suo percorso di ricerca e sviluppo tecnologico in direzione della transizione ecologica. Questo periodo coincide con quello che posso definire il mio “ritiro” dalle “scene ufficiali” e, contestualmente, con la nascita di Arinord e con la decisione di intraprendere una nuova partneship con il gruppo Compair.
Siamo dunque all’anno 2005. Ci può spiegare come nasce Arinord e a cosa deve il suo nome?
La scelta di “farmi da parte” non è stata semplice; tuttavia, era necessaria per dare spazio a mio figlio Andrea che, appunto, nel 2005 ha fondato Arinord. Uno nuovo inizio, dunque, carico di energia e novità, ma sempre aderente a quell’innovazione tecnologia che, come ho raccontato, ha caratterizzato il nostro percorso. Da tutto questo prende forma il nome Arinord: in un settore dove (quasi) tutti si riferivano al termine inglese “Air” combinandolo con altre parole, abbiamo deciso di mantenere la radice del termine italiano abbinandola a “nord”. Il risultato ci sembrava appropriato perché “l’aria del nord” aveva un significato su molteplici livelli: rappresentava l’aria “pulita”, un’aria fresca e carica di elementi innovativi che rispecchiavano le nuove soluzioni richieste dal mercato.
Parliamo della “formazione di partenza”: da quanti elementi era composta Arinord all’inizio e quali sono state le difficoltà iniziali?
Alla nascita Arinord poteva contare sul contributo di 6 persone, di cui 5 dipendenti suddivisi tra impiegati e tecnici. Costruirsi un parco clienti fu la principale difficoltà. Sebbene le nostre competenze fossero solide ed i macchinari fossero di Brand noti e capaci di supportarci, quali Hiross (diventati poi Hiross, Domnick Hunter, Transair e Balston con l’acquisizione Parker N.D.R.) e Compair, dovevamo costruirci una reputazione. Ci siamo mossi con intelligenza e intraprendenza, in un momento in cui l’esperienza maturata negli anni precedenti circa le tematiche divenute ormai di comune necessità (risparmio energetico e transizione ecologica, NDR) riuscendo a conquistare la fiducia di oltre 1200 clienti distribuiti nelle principali province lombarde.
Quali sono stati, secondo lei, gli elementi che hanno fatto la differenza?
Sicuramente le capacità tecniche del nostro Service, che combinate alla qualità dei prodotti commercializzati hanno creato le condizioni per dare vita ad un progetto vincente. Ma il vero differenziale, secondo il mio parere, è stata la capacità di approcciare ogni situazione in modo specifico, cercando soluzioni tecnologicamente adatte per ogni cliente, nell’ottica dell’efficientamento e del risparmio energetico. Arrivati a questo punto, posso tranquillamento affermare che, dopo oltre cinquant’anni di esperienza nel settore, il nostro percorso trova oggi il riconoscimento che merita e che la nostra “visione” poggia le basi su una “tradizione di innovazione”. Può infatti sembrare un ossimoro, ma è il caso di dire che nonostante la nostra giovane età, abbiamo molta esperienza.